Sylvia Plath // L’aspirante in “La scoperta del doppio e il viaggio di Pierrot” – prof. Ciro Sorrentino

Sylvia Plath // L’aspirante in “La scoperta del doppio e il viaggio di Pierrot” – prof. Ciro Sorrentino

L’aspirante

Prima di tutto ce li hai i requisiti?
Ce l’hai
un occhio di vetro, denti finti o una gruccia,
un tirante o un uncino,
seni di gomma, inguine di gomma,
rattoppi o qualcosa che manca?
Ah no? E allora che mai possiamo darti?
Smetti di piangere.
Apri la mano.
Vuota? Vuota. Ma ecco una mano
che la riempie, disposta
a porgere tazze di tè e sgominare emicranie,
e a fare ogni cosa che gli dirai.
La vorresti sposare?
È garantita,
ti tapperà gli occhi alla fine della vita
e del dolore.
Con quel sale ci rinnoviamo le scorte.
Vedo che sei nuda come un verme –
Un po’ rigido e nero, ma niente male.
La vorresti sposare?
È impermeabile, infrantumabile, abile
contro il fuoco e imbombardabile.
Credi a me, ti ci farai sotterrare.
E adesso, scusa, hai vuota la testa.
Ho la cosa che fa per te.
Su, su, carina, esci fuori dal guscio.
Ecco, ti piace questa?
Nuda per cominciare come una pagina bianca,
ma in venticinque anni d’argento,
d’oro in cinquanta, potrà diventare.
Una bambola viva, sotto ogni aspetto.
Sa cucire, sa cucinare,
sa parlare, parlare, parlare.
E funziona, non ha una magagna.
Qua c’è un buco, che è una manna.
Qua un occhio, una vera visione.
Ragazzo mio, è l’ultima occasione.
La vorresti sposare, sposare, sposare?

11.10.1962, Sylvia Plath
(traduzione di Giovanni Giudici)

Sylvia Plath // L’aspirante in “La scoperta del doppio e il viaggio di Pierrot” – prof. Ciro Sorrentino

“L’aspirante” (Sylvia Plath) si chiede quali siano “i requisiti” per rendersi partecipi della vita, e si rivolge al suo interlocutore (lei stessa) “sdoppiandosi”. La meditazione si focalizza sull’Amore, e sviluppa un’analisi degli aspetti che lo caratterizzano, rendendolo, a secondo dei casi, vero/falso, ambiguo/sincero. La prima considerazione di Sylvia Plath, “l’aspirante”, individua nell’ “interesse” il motivo per cui due persone si avvicinano; un interesse che deriva dalla mancanza di qualcosa: c’è una carenza da colmare, perché procura dolore. L’unione è vista come “compensazione”: la mancanza può essere colmata con il conforto per un difetto corporeo, come quello di una vista imperfetta, “un occhio di vetro”. Questo tipo di amore, per “L’aspirante”, sorge e si realizza come soddisfazione e “completamento” di un bisogno reciproco: ciascuno offre un “bene” materiale, la cui assenza procura sofferenza e fa “piangere”. Ogni soggetto, Sylvia Plath, “L’aspirante” appunto, cerca qualcuno che gli tenda una mano, “un tirante o un uncino” che lo riscatti dall’amarezza dell’assenza o mancanza.

Questo amore “per interesse” riflette l’arbitrio della parzialità, è “egoistico”, per cui uno dei due prende il sopravvento e costringe l’altro ad una condizione di “sudditanza” materiale, prima ancora che psicologica e morale. Il successivo “sbilanciamento” spinge l’amore e “L’aspirante” a tutelarsi nell’utopia dell’apparenza che, sul piano esteriore, procura quel “vestito” “un po’ rigido e nero” per coprire e nascondere una mostruosità che è simile alla nudità di un “verme”. L’amore così costruito diventa “impermeabile, infrantumabile, abile contro il fuoco e imbombardabile”, un amore che potrà durare, “per convenienza”, fino alla morte. Queste le “intuizioni” di Sylvia Plath sull’amore: ogni supposta certezza, sbriciolandosi, genera uno “svuotamento” interiore, “vuota la testa”. Quale potrebbe essere la soluzione per riordinare le idee sulla funzione dell’amore e sul valore da attribuirgli?

Sylvia Plath fa un’ulteriore considerazione, perché anche l’aprire “una pagina bianca” serve solo a due attori che recitano ciascuno la loro parte, come manichini “a comando”. L’aspetto terribile è che questo tipo di rapporto scopre il fallimento dell’istituto matrimoniale e conduce all’annullamento dell’amore come puro atto di “comunione” e “donazione”. Dunque, Sylvia Plath si chiede su quali basi poggi l’amore e se l’unione fatta per soddisfacimento dei bisogni personali sia moralmente accettabile. Nel dialogo con la sua coscienza, “L’aspirante”, Sylvia Plath giunge alla certezza che l’ “Essenza dell’Amore” è all’opposto di ogni tipologia identificata nei suoi versi. L’Amore come fusione d’anime è improbabile realtà, rimane espressione mirifica dell’immaginifico poetico.

Andando oltre la semplice lettura, si comprende come Sylvia Plath, scandagliando i fondali di oceani oscuri, riesca ad aderire all’indefinito e imponderabile “Amore”. Così da una realtà “senza respiro d’amore” Sylvia Plath riemerge, dichiarando, in “un urlo che libera”, l’urgenza di pervenire alla “fruizione” del “Sommo Bene”. In “L’aspirante”, la sua chiaroveggenza esplode improvvisa, la attraversa come un lampo, materializzandosi in una “visione lontana”: è un universo di “emozioni” che s’affollano, cercando l’assolutezza  dell’ “Amore” in cui specchiarsi e riconoscersi. Si avverte un’inquietudine drammatica, Sylvia Plath fa riferimento all’eterno dubbio che vieta di individuare la giusta via per raggiungere la pienezza dell’Amore; ma la sua preveggenza, il suo essere “L’aspirante”, le consente di liberarsi dall’ossessionante domanda sul “chi” e sul “cosa” possano costituire la sostanza dell’Amore.

Finalmente non ha più nessuna perplessità, lei ha compreso d’essere la “personificazione” dell’Amore, amore come perfezione e “geometria dei mondi”, e, dunque, eterna “circolarità” del divino. E questa dichiarazione non è narcisismo, perché ogni persona, per “sentirsi” tale, deve necessariamente ammettere di essere la risultante di un atto d’amore, che, attraverso un “alito d’infinito”, unisce e trasforma la materia in vita. Chi non riesce a pervenire a questa consapevolezza vivrà di inconcludenti e sterili rimpianti, che, di fatto, assillano e bloccano l’ “empatica comunicazione” con l’ “Oltre” e, dunque, con Dio che l’uomo rappresenta.

Questo riferimento all’amore è il segno di una “fede” e di una “rinascita”: Sylvia Plath sente in sé una scintilla che balena nelle profondità dell’essere e che niente e nessuno potrà mai sopprimere, perché fatta della stessa sostanza divina. Si tratta di una scintilla d’amore che è “Bene” assoluto ed inesauribile, quello per cui le “ombre” saranno entità assolute e prossime all’unica e superlativa “fiamma” che arde e che si chiama Dio. Certamente il dolore della vita congela aspettative e aspirazioni in un limbo che macchia i verdi campi, come quando il tempo cambia e cadono le foglie sui mantelli erbosi della nuda e vergine terra. Ma la “percezione” dell’ “Altrove” emancipa e libera il “candore dell’anima” di Sylvia Plath che, dall’alto delle sue intuizioni e divinazioni, può riconoscere “l’esistenza come un cammino” che, per quanto difficile ed irto di ostacoli, lascia pur sempre uno spiraglio, una possibilità “altra” per salvarsi dall’ “abisso del nulla”.

Ne deriva che siccome l’amore è “pura essenza” e “armoniosa manifestazione” di Dio, non si può pretendere di comprenderlo in sé, offrendo lusinghe e cercando commiserazione. L’amore è da intendersi come “donazione” e “comunione”, “Sommo Bene”, passione infinita e cristallina, impalpabile ed eterna. Questo amore assume i tratti dell’ “Armonia” e dell’ “Equilibrio” tra le molteplici e smisurate forze degli universi paralleli, che incontrandosi diventano l’uno fuoco dell’altro. Di questi universi Sylvia Plath ne conosce l’ignoto, sa immergersi in essi e ritrovarsi tra altre correnti, “altre” e perciò stesso magnifiche, figlie di quella perfezione di cui in altro luogo si è già detto. La perfezione: un mistero che Sylvia Plath insegue, con la ferma intenzione di ricercare e demistificare i postulati e gli assiomi che escludono la “volontà” dell’uomo di sentirsi parte attiva e sostanziale dell’Eterno.

Giunge da lontano quest’amore, con rapidi passi,  e subito si muove libero e sciolto al galoppo. Sono sprazzi di luminose visioni: l’amore/perfezione simboleggia una vastità ermetica e misteriosa, un’energia sovrumana e oscura, offuscata dall’indifferenza degli uomini. È così che Sylvia Plath “sente” la vita: sentirsi libera, fuori ed oltre gli schemi e le forme umane, assaporarne il gusto in altre “placente”, nascere e morire in tempi e spazi diversi, laddove si può essere testimoni di verità. Da quelle altezze, da vette di altri mondi, Sylvia Plath si racconta, la sua parola “messianica” le permette di spargere semi di verità, messaggi di amore e conoscenza.

La sua tensione meditativa si approfondisce e si trasforma in una “torsione emotiva” che la proietta, non solo oltre i confini terreni, ma oltre gli stessi margini del possibile, per espandersi e assimilarsi alla materia cosmica che tutto pervade, colorando il buio e dando voce al silenzio. E la vediamo, Sylvia Plath, la Donna/Angelo/Dio, con quel suo sguardo penetrante di  fronte al creato, pronta a commuoversi e a rendersi partecipe delle meravigliose sensazioni che le pervengono dai variegati e sconosciuti spazi, dalle dimensioni senza volto, come se percepisse messaggi di altri mondi da annotare sul foglio, decifrandone il contenuto. I suoi sono lampi di lucido pensiero, suggestioni connotate di “lirismo critico” che è sottile canto e rivisitazione delle circostanze intervenute nella storia umana. Ed è certo che di storia si tratta, della storia di chi si ritrova “solo allo specchio” e “si riconosce e dialoga” lungamente con la sua faccia nascosta, quella che gli altri velano con bugie e menzogne, le stesse che lei “smentisce nel compiuto presagio della sua morte”. Nello sviluppo del testo, Sylvia Plath individua le circostanze reali e naturali, gli eventi che falsificano la percezione dell’amore, offrendo di esso un’immagine distorta, quasi che seducenti mattini s’aprissero ancora sui laghi dopo pioggia lucente. Ma dai languidi paesaggi, l’Angelo/Donna non riceve più emozioni: a renderla “divinamente viva” è un tumultuoso impulso che agita e spinge ad afferrare l’Amore nella sua integra assolutezza.

Dipartimento di Lettere e Filosofia, prof. Ciro Sorrentino

Materiale protetto da Copyright (c) – Tutti i diritti riservati. Vietata la copia anche parziale.

https://plathsylvia.altervista.org/

https://www.letteratour.it/analisi/A02_plathSylvia_ariel.asp

https://plathsylviaariel.altervista.org/

https://sylviaplath.altervista.org/

https://eburnea.altervista.org/

https://sylviaplathariel.altervista.org/