Palloncini // Sylvia Plath in “La scoperta del doppio e il viaggio di Pierrot” – prof. Ciro Sorrentino

Palloncini // Sylvia Plath in “La scoperta del doppio e il viaggio di Pierrot” – prof. Ciro Sorrentino

Palloncini

È da Natale che vivono con noi,
ingenui e trasparenti,
animaletti-anima ovali,
occupano metà dello spazio,
si muovono e strusciano sulle seriche

invisibili bave d’aria,
mandano uno strillo e un pop
se aggrediti, poi scappano via e si fermano tremando appena.
Testa di gatto gialla, pesce azzurro –
con che strane lune viviamo

al posto di mobili morti!
Stuoie di paglia, pareti bianche
e questi erranti
globi d’aria sottile, rossi, verdi,
che danno gioia

al cuore come i desideri o i liberi
pavoni benedicenti
un vecchio terreno col dono di una penna
forgiata in metalli stellati.
Il tuo

fratellino
fa stridere il suo palloncino come un gatto.
Sembra vedere
dall’altra parte un buffo mondo rosa
da mangiare e morde,

poi cade seduto,
brocchetta grassa,
contemplando un mondo chiaro come l’acqua.
Nel pugnetto
un brandello rosso.

05 febbraio 1963, Sylvia Plath

PALLONCINI // SYLVIA PLATH IN “LA SCOPERTA DEL DOPPIO E IL VIAGGIO DI PIERROT” – PROF. CIRO SORRENTINO

Nella poesia “Palloncini” Sylvia Plath descrive i “palloncini” come elementi “ingenui e trasparenti”, simili ad “animaletti” di forma ovoidale, che invadono parte dell’ambiente e rimbalzano sfiorando le pareti dello spazio percettibile. Utilizzando la metafora degli “animaletti-anima ovali”, Sylvia Plath riesce a trasmettere l’idea della delicatezza e della fragilità dei “palloncini”, da intendersi come sogni, aspettative, speranze. I “palloncini” sono paragonati a “invisibili bave d’aria”, umidi respiri che emettono “uno strillo e un pop” e che, sentendosi afferrati in una morsa di mani cercanti, stridono, saltano, si schiantano o evitano una collisione come terrorizzati. Questo paragone crea una sensazione di vulnerabilità e fugacità della stessa vita assimilata nell’ideale essenza dei “palloncini”.

E in questa astratta e, tuttavia, sentita idealità, i “palloncini” sono espressione di una tensione interiore che, nella sua essenziale spiritualità, assume particolari forme, con “testa di gatto gialla e pesce azzurro”. Non è un caso che Sylvia Plath faccia riferimento al saltare del gatto e al guizzare del pesce, sono queste azioni veloci e dirette a fare da contrappunto all’immobilismo dell’esistenza, un immobilismo paragonabile alla morte degli alberi che vengono tagliati per costruire “mobili morti”, artefatti di un mondo disumanizzato e senza vita. Si tratta di un’inerzia dell’esistenza alla quale si può sfuggire esclusivamente restando aggrappati allestrane lune, le sorprendenti percezioni dell’Oltre, in uno spazio altro che esorcizza e fuga le paure, i fantasmi, le angosce e le inquiete tensioni riposte nei cassetti dei “mobili morti!”.

L’immagine idealizzata dei “palloncini” che vagano rimbalzando su tappeti di “paglia” e “pareti bianche” intensifica il senso di meraviglia e di incredulità, generando un’apparente e transitoria calma. Simili a “liberi pavoni”, che consacrano la terra agitando le ali, i “palloncini” sono qualcosa di prezioso e di magico, in grado di spingere lo sguardo oltre il visibile nella comprensione di un universo assoluto e sconosciuto. Si tratta dello sguardo integro di un io-bambino, l’io nascosto che emerge e si individua nel “fratellino”, simbolo di un universo di sensazioni profonde. Nello sfrigolare dei “palloncini”, compressi dalle mani giocose dell’io-bambino, essi si tendono e assottigliano in veli trasparenti, attraverso i quali è possibile esplorare la realtà. E proprio quando le immagini stanno per svelare ogni verità, di tutti i “palloncini” superstiti, esplode il più singolare ed amato dall’io-bambino, quello a forma di gatto (il riferimento è cercato e rimanda all’idea delle nove vite del gatto). Quello che resta dei “palloncini” e della loro magica, quasi impalpabile consistenza, è solo un ultimo frantumato “brandello rosso”, un briciolo di percepito, cercato e perduto sentimento dell’essere.

 *

Simbolismo dei colori

Attraverso i colori dei “Palloncini”, Sylvia Plath dà forma alle emozioni profonde dell’io. Il rosso è un colore che evoca forti emozioni, il colore della passione e dell’energia. I “palloncini” rossi se da una parte rappresentano l’amore della vita, la passione per la scoperta e l’entusiasmo dell’infanzia, dall’altra simboleggiano la fragilità e la fugacità dei sentimenti, dato che i “palloncini” possono scoppiare facilmente. I “palloncini” verdi simboleggiano la speranza, il rinnovamento e la vitalità associata alla natura, alla crescita e alla rinascita. Nel verde è contenuta l’aspirazione a una vita libera e naturale, un’aspirazione di rinascita in contrasto con i “mobili morti” che includono la monotonia e la rigidità della vita quotidiana.

Contrasto tra mobili morti e palloncini

L’antinomia tra i “mobili morti” e i vivaci “palloncini” è un elemento chiave che sottolinea la tensione tra il piatto grigiore dell’esistenza e l’anelito alla libertà e alla leggerezza. I “mobili morti” annoverano la statica rigidità del tempo umano. Questi oggetti inanimati sono simboli di un’esistenza priva di vitalità e di movimento, un’esistenza che soffoca la creatività dell’individuo. Non è un caso che i “palloncini” siano descritti come vivaci, leggeri e liberi, che si muovano liberamente nello spazio, rimbalzando e fluttuando nell’aria, come se fossero sogni e speranze che trascendono la realtà fisica. La poesia esprime una tensione tra il mondo materiale e il mondo spirituale, tra la realtà concreta e l’immaginazione creativa.

Il ruolo del fratellino

Il riferimento al “fratellino” è un inno all’innocenza e alla meraviglia dell’infanzia, ad un tempo in cui tutto è nuovo e affascinante. Il “fratellino” interagisce con i “palloncini” in un modo che suggerisce una tensione a scoprire e ad esplorare il mondo. Il far “stridere il suo palloncino come un gatto”, il guardare attraverso di loro in un “buffo mondo rosa”, e, infine, il morderli, scoprono la curiosità dei bambini e il loro desiderio di conoscere il mondo che li circonda. Possiamo immaginare la reazione del “fratellino” quando il palloncino scoppia e la delusione di ritrovarsi solo con un “brandello rosso”, mentre è immerso nella magia di “un mondo chiaro come l’acqua”. Si tratta di una sottile metafora del tempo umano, una metafora che scopre la fine della spensieratezza nello scontro con la realtà. È questo il momento in cui il soggetto scopre che la bellezza e la meraviglia del mondo sono fragili ed effimere illusioni, proprio come i “palloncini”.

La scoperta della realtà

Il “brandello rosso” è una potente immagine simbolica utilizzata da Sylvia Plath per concludere la poesia “Palloncini”. Il frammento di palloncino scoppiato rappresenta la fine di ogni sognante candore. Il palloncino, che pieno d’aria poteva liberamente fluttuare, è ora ridotto a un pezzo di plastica inerte che scopre la fragilità e la transitorietà della vita. Proprio come un palloncino può scoppiare in un istante, anche la vita può cambiare drasticamente e inaspettatamente. Il “brandello rosso” rimane ricordo tangibile di una precedente esistenza interrotta e, dunque, nella coscienza di tale disillusa memoria, occorre affrontare le insidie della vita con una predisposta tensione a rinascere, ogni volta e sempre, nella purezza dell’essere.

Dipartimento di Lettere e Filosofia, prof. Ciro Sorrentino

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